STEINGARTEN | ROCK GARDEN
Arte
Palazzo Andrea Doria, Piazza San Matteo, 17/5, Genova, GE, 16123, Italia
14/03/2019 - 03/05/2019
Il 14 Marzo alle ore 18.30 presso SHAREVOLUTION CONTEMPORARY ART, Genova (piazza San Matteo 17) inaugura la mostra Steingarten | Rock Garden di Elisabeth Scherffig a cura di Angela Madesani. La mostra rimarrà aperta sino al 3 Maggio 2019, dal martedì al sabato, dalle 16.00 alle 19.30.
Riportiamo qui il testo della curatrice:
«Titolo della mostra di Elisabeth Scherffig è Steingarten/Rock Garden giardino di pietra parrebbe un ossimoro. Così non è, nella tradizione tedesca è una pietraia, in cui si inseriscono particolari piante.
Guardando al corpus dei lavori dell’artista la fotografia parrebbe un linguaggio per lei desueto, in realtà, se è la prima volta che presenta opere realizzate con questo linguaggio, la fotografia è un mezzo del quale Scherffig si serve da molti anni come appunto visivo.
Qui ha creato dei set, come dei teatrini, ponendosi in un interessante cammino che non vede la fotografia come testimone del reale, ma come strumento per documentare una finzione, così in James Casebeare, in Thomas Demand.
Piccoli oggetti di porcellana sono posti davanti a immagini di cave in bianco e nero e a colori, in un chiaro ribaltamento di scala. La cava è un sito in continua trasformazione, in mutamento perpetuo, dal quale l’artista è affascinata. Le piccole porcellane, solidi essenziali, sembrano pezzi di pietra ricavati dalle cave stesse.
Da anni Scherffig lavora sul paesaggio in senso iconico attraverso il disegno, qui invece ci troviamo di fronte a un’operazione complessa in cui l’indicalità della fotografia si pone in aperto dialogo con la scultura, anche se di microformato, per poi essere di nuovo riprodotta. È un’operazione linguistica che nulla ha, però, di cerebrale, anzi. Sono immagini evidentemente costruite in cui il nitore della porcellana si pone in contrasto garbato con la narrazione che fa da sfondo.
La pietra da molti anni occupa un ruolo importante nella sua ricerca, soprattutto da un punto di vista iconografico, ma anche come oggetto di frottage, traccia che viene ripresa sulla carta.
E dunque i Denkmal, monumenti della memoria, con un termine tedesco che pare sia stato usato per la prima volta da Martin Lutero, con il significato di promemoria. Il teologo, infatti, avrebbe creato una sorta di neologismo in cui ha fuso due termini presi dalle lingue antiche: il greco mnemosyne e il latino monumentum. Qui sono grandi disegni di cave a cielo aperto. Luoghi che l’artista ha fotografato a Custonaci, in provincia di Trapani e sui quali ha lavorato nel corso del tempo. Il momento iniziale è costituito da fotografie riprese nei momenti di pausa dalle operazioni di scavo, così da poterne constatare gli eventuali mutamenti da un momento all’altro della ripresa.
I disegni raccontano “monumenti” lungo la strada del cantiere: grandi pietre di marmo messe una sopra all’altra per sostenere i pali della luce, che testimoniano il passare del tempo geologico e non solo. La cava è un paesaggio in fieri, in cui si pone in crisi il concetto stesso di eternità. È un lavoro sul tempo, sul senso del mutamento.
Nei primi mesi del 2018 l’artista ha compiuto parecchi viaggi a Genova per prendere appunti visivi al fine di realizzare una delle sue città stratificate, che è riuscita a terminare a giugno. In agosto è crollato il ponte Morandi, che ha messo sotto i riflettori la follia architettonica della città. Il suo lavoro, fatto in un tempo non sospetto, riesce a mettere in luce il complesso rapporto che a Genova hanno mare, montagna, corsi d’acqua, edifici. Nel suo lavoro ci troviamo di fronte a un groviglio piranesiano, totalmente antiprospettico, che si pone in aperta antitesi con il solido geometrico che pende dal soffitto della galleria, davanti a un oculo che segna un’apertura sulla facciata dell’antico palazzo in cui è ubicato lo spazio espositivo. È un gioco continuo di rimandi fra contenuto e contenitore.
Titolo del solido è, appunto, De Divina Proportione: è il titolo del trattato sull’applicazione della sezione aurea di Fra Luca Pacioli. Gli esagoni e i pentagoni che costituiscono le varie facce del solido sono calchi di tombini milanesi. Calco, indice, momento aurorale della scultura in cui il tempo è sospeso.
Di organza di seta e porcellana è una Serra, una scultura trasparente, un contenitore: è il tentativo di recintare una parte di natura, forse di convogliare uno Steingarten in un luogo chiuso. In tutto questo è la sacralità che è propria del concetto di recinto. Nella piccola scultura è una sorta di consunzione, di memoria della materia.
E quindi una pietra d’oro posta su una base di ardesia, collocata su colonnina trasparente. È un omaggio alla Pietra filosofale, oggetto alchemico, che nella tradizione è dotata di poteri straordinari, fornire un elisir di lunga vita, fare acquisire l’onniscenza e trasformare i metalli vili in oro.
Mi pare di poter cogliere, in questa particolare stagione del lavoro di Elisabeth Scherffig, la voglia di trovare delle risposte ai grandi quesiti di un mondo in profonda crisi di identità, teso alla mediocrità dei sovranismi, alla paura del diverso, alla chiusura nei confronti di una società in movimento.
Le sue opere auspicano, attraverso la metabolizzazione di concetti artistici e culturali, senza mai diventarne citazione, un nuovo Umanesimo in grado di leggere il circostante con una lente diversa».