Supramonte

Arte, Fotografia

Via Eleonora d'Arborea 51, Cagliari , Ca, 09100, Italia
04/07/2019 - 04/08/2019

Centro Fotografco Cagliari di Cristian Castelnuovo
in collaborazione con MancaSpazio presentano:
Supramonte di Gianluca Chiai
Mostra di fotografa a cura di Chiara Manca
Centro Fotografco Cagliari
Via Eleonora d’Arborea, 51, Cagliari
www.centrofotografcocagliari.com
Da Giovedì 04 Luglio al 04 Agosto 2019
Giovedì, Venerdì e Sabato dalle 18:30 alle 20:30
Vernissage Giovedì 04 Luglio alle ore 19:00

“Cos’è quella sensazione che si prova quando ci si allontana in macchina dalle persone
e le si vede recedere nella pianura fino a diventare macchioline e disperdersi?
È il mondo troppo grande che ci sovrasta, è l’addio.
Ma intanto ci si proietta in avanti verso una nuova folle avventura sotto il cielo.”
Kerouac

Gianluca Chiai, classe 1974, ogliastrino, fotografo appassionato di escursionismo, negli ultimi 26 anni ha frequentato
con un affatato gruppo di amici e colleghi il Supramonte, per conoscere, esplorare, studiare e raccontare il luogo più
incontaminato, puro e inaccessibile dell’Isola.
D.H. Lawrence scriveva “La Sardegna è fuori dal tempo e dallo spazio” e così sono le fotografe di Gianluca Chiai in
Supramonte. Le immagini in mostra, realizzate in un anno, raccontano, in realtà, venticinque anni di frequentazione
assidua e costante, di Chiai in Supramonte, di studio e scoperte, alla ricerca delle condizioni ideali per immortalare in un preciso momento, il luogo scelto. L’inverno, la pioggia, la foschia, la nebbia, non nascondono alla vista glisconfinati paesaggi, ma al contrario, ne rivelano l’ essenza. Il ritorno al bianco e nero annulla il tempo, le immagini potrebbero esser state scattate in qualunque momento negli ultimi cento anni, raccontano un luogo ancora aspro, acerbo, incontaminato e ostile, impervio, con le sue creste calcaree, bianche e taglienti che impediscono il
passaggio, eppure segnato dall’uomo già in epoca antica, oggi i ruderi dei nuraghi, le pietre sovrapposte a marcare i
sentieri, un pinnettu, raccontano il passaggio della civiltà, dalla preistoria, ai pastori fino ad oggi. Il Supramonte cambia, con la lentezza che caratterizza gli anziani, si imbianca di neve in inverno e in primavera l’acqua ridisegna il paesaggio col suo scorrere verso il mare, le immense distese e i pendii rocciosi, le grotte e le gole scavate nella pietra, lo stillicidio delle gocce, parlano di millenni di silenzi e graduali mutamenti. A custodire il Supramonte, ci sono i ginepri secolari, aggrappati alle rocce, resilienti, come anche i sardi hanno imparato ad essere. Scheletrici e
mostruosi, naturali totem zoomorf, accompagnano il cammino di Chiai, indicando la via. Il Supramonte è sinonimo di
libertà, se per Corbeddu la sua grotta era l’alternativa alla prigione, per chi si avventura oggi è libertà dalla routine
quotidiana, dalla tecnologia, dagli spazi chiusi, dalla casa, l’uffcio, la macchina, dalle scorciatoie, è un posto dove
camminare implica che l’unico pensiero sia dove mettere il prossimo passo per non cadere, è la vera libertà mentale,
quella di potersi concentrare su una cosa sola. Il Supramonte è istinto, ricerca, sfda, caccia, è un percorso interiore alla scoperta dei limiti personali, è il ritorno alle origini, è il viaggio verso la vera scoperta di se stessi, è riflessione e rinascita. Nelle parole di Chiai diventa palese l’intento del progetto fotografico e il rapporto fra il Supramonte e
l’artista: “In un mondo contemporaneo, costruito con stratificazioni di apparenze e simulazioni, un luogo
impenetrabile a tali pestilenze assume una valenza ancora più forte: nel Supramonte la realtà mostra i suoi segni, il
caos prende forma nella purezza dello scorrere, l’alchimia della vita, prima condensazione, poi espansione, è respiro,
acqua, sasso, albero, animale, è ritmo che crea melodia visiva. Tutto è lento fuire, nella lotta della vita verso un eterno
ritorno”.