Carlo Valsecchi | Bellum
Arte, Fotografia
via Fratelli Cervi 66, Reggio Emilia, Reggio Emilia, 42124, Italia
01/05/2022 - 31/07/2022
In occasione del Festival di Fotografia Europea 2022, dedicato al tema “un’invincibile estate” – tratto da “Ritorno a Tipasa” di Albert Camus, un inno alla capacità di resistere alle avversità e alla creazione di nuove reazioni e considerazioni sull’esistenza umana – Collezione Maramotti presenta "Bellum", un nuovo progetto artistico commissionato a Carlo Valsecchi.
Le quarantaquattro fotografie di grande formato che costituiscono "Bellum" – tutte presenti nel volume che accompagna la mostra, e di cui una ventina in esposizione – raccontano il conflitto ancestrale tra uomo e natura e tra uomo e uomo; l’uso della natura come difesa dall’altro uomo e parimenti la difesa dell’uomo dalla natura. Con la montagna come sua simbolica rappresentazione – espressione naturale estrema e insieme luogo dell’ultima guerra di posizione – il progetto origina da un’esplorazione dei territori e delle costruzioni fortificate del nord-est italiano legati al primo conflitto mondiale, uno degli ultimi momenti nella storia dell’umanità occidentale in cui il destino e l’esperienza dell’uomo erano strettamente connessi all’ambiente naturale, alla sua conformazione, alle sue leggi e al suo controllo. Cosa resta di quel paesaggio di un secolo fa? Quali sono le tracce del patto che l’umanità aveva stretto, in quel momento storico, con la natura?
Attraverso un lavoro durato circa tre anni, Valsecchi ha percorso quelle montagne con il suo banco ottico, dall’inverno alla primavera si è messo in ascolto di quei luoghi per affacciarsi sull’abisso di un conflitto cieco, sublimando nei suoi scatti una realtà cruda in forma spesso astratta, intimamente estetica e assoluta nella sua essenza. Le immagini di "Bellum" diventano squarci, portali fatti di luce e composizione, sospesi in un tempo senza termine tra silenzio, isolamento e attesa.
Stretti passaggi e cunicoli, trincee abitate da corpi perduti e rinata vegetazione; interstizi e fenditure, cavità rocciose, lacerazioni interne e interiori; forti militari e i loro resti, intrappolati tra il bianco compatto della neve e il bianco abbacinante della luce, sipari tra la realtà presente e un indefinibile oltre, un orizzonte negato; arche-rifugio e luoghi di morte, piattaforme di artiglieria, cupole metalliche, grotte e pareti bruciate da centinaia di esplosioni, riconquistate da muschi e concrezioni organiche e minerali, (di)segnate dall’umidità; boschi evanescenti velati dalla nebbia o dall’aria fitta della neve, schermi di rami intricati che occultano il paesaggio retrostante; pozzanghere e specchi d’acqua opaca che riflettono, metallici, il cielo sopra la montagna. In questa serie di fotografie di Valsecchi, densa di analogie visive e concettuali, la natura talvolta si fa architettura o si antropomorfizza, mentre il costruito si ibrida con l’ambiente naturale in un processo di scambio e mimesi reciproci, in cui tuttavia risuonano silenziosi i cicli della natura e lo scorrere del tempo – il lento processo di mutamento e di cancellazione del passaggio dell’uomo e dei suoi segni inesorabilmente effimeri sulla terra.
In occasione della mostra sarà pubblicato un libro omonimo con testi di Florian Ebner, curatore capo del Cabinet de la Photographie del Centre Pompidou di Parigi, e Yehuda E. Safran, critico d’arte e di architettura e professore presso il Pratt Institute di New York.