Dall’ Astrattismo Magico agli Angeli, Velli, Codici e Manoscritti

Arte

Via Selmi n° 2 - Vignola, Il Salotto di L. A. Muratori, Vignola, MO, 41058, Italia
07/04/2018 - 25/04/2018

Dalla pittura alla scultura:
Menhir, Angeli, Paesaggi dell’anima, Icone, Velli, Codici e Manoscritti

Se la permanenza nel 1997 in Sardegna aveva stravolto la mia visione ed interpretazione artistica del fare pittura, con un passaggio alla scultura, appagata la frenesia naturalistica con i reperti e le rocce raccolte in loco utili alle creazioni, tra il 1998 e il 2000 sono realizzate oltre cento sculture: i Menhir. Verso la fine del 2003, sento però forte il desiderio di ritornare alla pittura, non come prima della conversione alla scultura, ma all’impulso che già mi apparteneva. In pochi mesi realizzo una serie di opere che chiamo Angeli. Riaffiora incalzante quel colore che da sempre mi ha accompagnato e che volevo riprendere. Ma, dopo l’esperienza così frenetica del tutto tondo, il pennello non lo ritenevo più necessario e lo sostituisco con le mani. Così colore e materia si fondono in un tutt’uno. Ormai permane pressante la voglia di plasmare cartapesta, materia a me congeniale.
La “carta…” è viva, ostica all’inizio e imprevedibile nell’essiccatura, cambia e si trasforma in altro, direi nell’anima… poi con l’esperienza è dominata e con l’aggiunta chimica del colore, che può essere quello tradizionale, oppure minerale: cemento, polveri, terre di vario genere e provenienza, o organica: foglie, muschio, spezie ecc… che aggiunte direttamente all’impasto, diventa soluzione dell’opera definitiva.
Queste opere, che definirò pitto-sculture, danno continuità all’Astrattismo Magico, originariamente solo alla pittura; arrivo così al nuovo percorso artistico che definirò: Astrattismo Magico fase Seconda, nella forma tridimensionale: Angeli, Velli e ai Paesaggi dell’Anima accomunerò successivamente i primi Codici e Manoscritti, opere criptiche con una chiave di lettura ed un alfabeto sconosciuti, colmi però di poesia-visiva. Anche le Entità, queste forme filiformi appuntite ai due estremi, immagini del mio linguaggio che chiamerò Icone, diventeranno protagoniste, insieme ai vari cicli e tematiche. Forme che ben descrive l’amico Enrico Maria Davoli in un suo testo dedicatomi nel 2006.

“Le invenzioni di Domenico Difilippo ruotano intorno ad una forma che è la sintesi di molte forme possibili. Si tratta di una sorta di mandorla oblunga in cui risuona un vasto repertorio di archetipi. Essa è bocca e sesso, orizzonte palpitante di luce e alone mistico, ferita e palpebra socchiusa, pietra scheggiata e canoa, foglia e petalo. In altre parole è la forma ideale per veicolare, facendoli continuamente trapassare l’uno nell’altro, l’organico e l’inorganico, l’umano e il divino, l’artificiale e il naturale. Due sono i modi, rispettivamente complementari, in cui l’artista si serve di questo nucleo originario. Da un lato riportandolo al contesto dell’opera, con quel che ne discende in termini di rapporto figura-sfondo. Dall’altro collocandolo direttamente nello spazio ambientale, vuoi a parete vuoi a terra vuoi nell’aria, in modo tale da liberare tutto il potenziale dell’illuminazione ambientale, delle ombre portate, dei giochi percettivi. (…)”.