Bianca e l’album di Mirella il nome e la fotografia
Fotografia
Casa Caprari Maritan, via San Marco, 66, Celeseo di Sant’Angelo di Piove di Sacco, Padova, 35018, Italia
18/03/2023 - 02/03/2023
Il nome e la fotografia
Che il pensiero andasse subito a mia nonna Bianca dopo l’invito ad esporre a Casa Maritan è stato del tutto naturale.
Questo antico edificio risalente alla seconda metà del secolo XVI e passato di proprietà più volte, soprattutto come “casa domenicale” di patrizi Veneziani, all’inizio del ventesimo secolo diviene proprietà della famiglia locale dei Maritan. Oggi di proprietà del Comune di Sant’Angelo di Piove di Sacco, la casa è una eccellente sede per attività culturali. Qui Bianca Maritan (1908 - 1994) ha passato i suoi primi anni di vita per poi sposarsi con Natale Lando (1907 - 1999) e passare il resto della sua vita in via Chiusa a Sant’Angelo di Piove di Sacco.
Piuttosto che ad una mostra personale ho pensato di dedicarmi ad un progetto sulla fotografia di famiglia; se in un primo momento sembrava un ambito troppo limitato, privato e ampiamente indagato, ho invece scoperto, man mano che ci lavoravo, molti elementi antropologici e culturali interessanti da proporre come modello di rapporto tra le immagini fotografiche e una famiglia veneta del ‘900.
Di mia nonna da giovane restano pochissime fotografie; la sua memoria, come era in uso un tempo, si è però tramandata nel nome Bianca, che viene dato a mia mamma Mirella Bianca Lando (1940 - 2017) nata dopo Licia (1935) e Vinicio (1937 - 2022) che, trasferitosi a Torino negli anni ‘50, darà il nome Bianca alla sua prima figlia, Bianca Lando (1968) dopo Claudio (1964) e Antonio (1967). Il nome in questo caso ha una funzione sociale molto simile a quello della fotografia di famiglia nel serbare ricordi legati alla storia familiare, come lo sono anche i soprannomi che vengono dati ai diversi ceppi di famiglie con lo stesso cognome per distinguersi gli uni dagli altri. I Lando della famiglia di mio nonno materno sono detti “i ciodo” (chiodo), mentre i Romagnosi di mio padre sono i “Mati Stianeo” (Matti Stivanello); soprannomi il cui significato denota parentele, caratterizzando nello specifico le storie delle rispettive famiglie.
L’album di fotografie di mia madre diventa il contenitore da cui prendere a campione una serie di immagini che narrano di una famiglia che in questo caso è la mia, ma nella quale, a mio modesto parere, si potranno riconoscere tantissime persone; soprattutto questo album può essere testimonianza di un modo costruttivo di usufruire del mezzo fotografico.
Prima di riportare di seguito alcuni stralci da libri sul tema, voglio portare l’attenzione su come può cambiare il modo di osservare le fotografie se non si tiene conto delle ragioni per cui sono state fatte; proprio l’immagine che apre questo libro ritrae mia nonna Bianca con Licia, Vinicio e Mirella, al centro della composizione, e che ha appena compiuto due anni. Per me è sempre stata una fotografia molto bella perché rivedo mia mamma da bambina ed è come un regalo che mi viene dal passato; ma quando è stata scattata, alla fine del 1942, quella foto ha permesso a mio nonno, partito da circa due anni in guerra, di ammirare per la prima volta la propria figlia.
Credo che l’album di famiglia, fino a tutto il ‘900, sia stato un ottimo strumento per dirci “cosa ci rende umani” e per favorire la costruzione di un futuro migliore; come tale andrebbe analizzato e proposto cercando tra l’altro di trasferirne le caratteristiche positive alle tecnologie moderne
Non mi avventuro sul ruolo della fotografia familiare di oggi, ma questo progetto mi è particolarmente caro e spero sia di aiuto per sviluppi futuri.