CHI SONO IO PER GIUDICARE?

Arti Performative

San Giovanni in Laterano , Roma, RM, 00184, Italia
21/04/2018

Chi sono io per giudicare?: questa frase, che ha fatto il giro dei media internazionali, è stata pronunciata da Papa Francesco in risposta a una domanda fattagli, durante un viaggio di ritorno in aereo, da un giornalista in merito agli scandali di pedofilia e agli abusi su minori perpetrati da preti, porporati ed esponenti del clero in varie parti del mondo. La risposta del Pontefice è stata però decontestualizzata e strumentalizzata dai media e mostrata come una sua apertura sul tema dell’omosessualità: in realtà voleva essere semplicemente una presa di distanza dagli abusi e dagli atti di violenza fatti su minori da parte di alcuni esponenti della Chiesa Cattolica.
A questa affermazione si aggiungono poi quelle pronunciate poco dopo dallo stesso Pontefice a Tiblisi, con le quali sottolinea che la "teoria gender" rappresenta il più "grande nemico del matrimonio" e la considera una forma di "colonizzazione ideologica", una sorta di "guerra mondiale finalizzata a distruggere il matrimonio". Questo pensiero è chiaramente un’accusa diretta verso chi sostiene e promuove gli studi gender, che mettono a confronto i vari orientamenti sessuali e puntano a garantire un’accettazione e una pacifica convivenza delle diversità nel pieno rispetto della dignità delle persone, senza nessuna intenzione o presunzione di voler sostituire i modelli tradizionali con altri nuovi.

Chi sono io per giudicare? vuole essere un momento di riflessione e di denuncia sociale, come fa sempre Nicola Mette con le sue performance-azioni: l’artista-performer si presenterà nuovamente indossando una veste cardinalizia che rappresenta, simbolicamente, col suo rosso intenso e sfarzoso e con il suo lungo e maestoso strascico, il fascino estetico e l’imponenza di cui spesso taluni esponenti del clero si servono per mettere in soggezione e ammaliare minorenni, a spese dei quali compiono soprusi, sopraffazioni che finiscono con lo sfociare in vere e proprie violenze sessuali, atti che rimangono spesso impuniti o che, al limite, si risolvono con temporanee amnistie o cambi di sede del reo.

Chi sono io per giudicare? vuole essere anche una frase di ironia pura e di cinico atteggiamento nei confronti di chi si erge a paladino della condanna dell’omosessualità come forma aberrante di esistenza, come malattia e, addirittura, come forma di devianza da estirpare anche attraverso una eradicazione psicologica e fisica. In tal senso, ricordiamo le allucinanti e terrificanti dichiarazioni di Don Massimiliano Pusceddu: “I gay sono nemici di Dio e devono morire”, affermazione che istiga all’odio, mentre assume atteggiamenti di clemenza nei riguardi di atti di perversione e di pedofilia contro figure inermi e innocenti.

I casi di omosessualità all’interno delle istituzioni ecclesiastiche sono assai diffusi e frequenti, ma vengono messi volutamente a tacere o insabbiati dal sistema ecclesiastico stesso, estremamente chiuso e ipocrita, e che, oltretutto, riesce ad interferisce spesso con le decisioni politiche che sono di stretta competenza di altre istituzioni sociali. In seno all’ONU ricordiamo il rifiuto totale mostrato dallo Stato della Città del Vaticano per l’approvazione della direttiva per la moratoria contro la condanna (penale e capitale) commutata in alcuni paesi a persone della comunità LGBTI, e nei dibattiti parlamentari italiani i tentativi fatti per influenzare in modo negativo e inopportuno l’estensione dei diritti civili alla stessa comunità LGBTI.
Se l’atto d’amare è un comandamento predicato dal Vangelo, non si capisce perché dovrebbe avere dei confini o delle limitazioni, e perché la Chiesa Cattolica dovrebbe offendere, condannare o svilire l’amore fra persone di ogni orientamento sessuale, criticando o avversando come “diverso” un amore che nasce ed è concepito come universale.

In occasione della sua performance-azione Nicola Mette si presenterà al pubblico Romano con un abito cardinalizio, una cappa magna con un lungo strascico rosso. Girerà per il centro storico di Roma e pronuncerà, quasi come un mantra, la fatidica frase Chi sono io per giudicare? incutendo nei presenti stupore e meraviglia per la presenza scenica magistrale del suo abito.

Forti sono ancora i pregiudizi sessuali e, spesso, sacerdoti e cardinali partecipano a festini a luci rosse e frequentano night club e saune gay, i cui locali, in taluni casi, sono risultati essere di proprietà del Vaticano, al quali gli stessi esercenti versano il regolare canone d’affitto.

Le ultime proteste contro il Papa ci sono state in Cile durante il suo viaggio apostolico nel paese sudamericano dove sono emersi decine di scandali di preti accusati di pedofilia. Anche in Perù non ha trovato clima migliore, essendo il paese ancora scosso per le accuse di abusi sessuali mosse contro Luis Fernando Figari, fondatore del Sodalizio di Vita Cristiana che il Papa ha commissariato alcuni mesi fa.
Nello stesso periodo il Papa incontra in Vaticano il Presidente turco Erdogan il quale perseguita da anni la comunità LGBTI. In un comizio del suo partito nel sud della Turchia, lo stesso presidente persuade una bambina di sei anni che, vestita con abito militare, qualora morisse da martire, il suo corpo riceverebbe l’onore di essere avvolto nella bandiera nazionale turca.

Con la sua performance-azione Nicola Mette desidera indurre gli spettatori a riflettere sulle contraddizioni e sull’ipocrisia delle istituzioni cattoliche.