Angelo Mangiarotti “dalle mani degli studenti”

Design, Architettura

Via Andrea Maria Ampére, 2, Milano, Sala mostre “Guido Nardi” della Scuola di Architettura, Urbanistica, Ingegneria delle Costruzioni, del Politecnico di Milano, Milano, MI, 20133, Italia
06/04/2023 - 30/05/2023

Circa 100 studenti del primo anno di architettura sono stati chiamati a scegliere, studiare, analizzare e, rappresentare una delle opere architettoniche od infrastrutturale di Angelo Mangiarotti. I modelli che animano questo spazio nella mostra: sono l’intelligente risposta di un centinaio di giovani che muovono i primi passi nel mondo dell’architettura. Studenti del primo anno che nei loro primi giorni di università hanno sperimentato il valore della” forma” in architettura. L’esercizio di descrivere mediante un modello plastico, a cui hanno corrisposto tutti e con passione, era per loro l’esercitazione finale del corso di Fondamenti della Rappresentazione, il corso che deve fornire loro le basi del disegno del progetto architettonico; ed i risultati sono sotto i vostri occhi. Un esercizio questo per nulla facile, vuoi per la grande complessità di molti dei progetti trattati, una complessità che si occulta nell’apparente semplicità delle forme e del risultato, quella semplicità che è la cifra stilistica di Mangiarotti. Cosa altro dire? Forse è giusto solo ricordare ciò proprio Angelo Mangiarotti ebbe a dire sul disegno: “Partiamo insieme, tu con il computer io a mano [...] lui non aveva ancora cominciato mentre io avevo già finito, ed era una cosa molto semplice [...] più sono giovani e bravi e meno hanno interesse per il disegno a mano. Credo che oggi con l'informatica, voi abbiate grandi mezzi a disposizione, certo rimangono delle banche dati, non è da lì che viene fuori un progetto; la cultura è un’altra cosa...il rischio è la perdita del gesto”. Non resta quindi da dire che in ogni imperfezione di ciascuno di questi modelli c’è il “gesto” di ognuno di questi studenti, ormai per abitudine più propensi a “digitare” che “manipolare” ma che hanno avuto la disponibilità e l’ umiltà di sporcarsi le mani, per toccare con mano e sperimentare il difficile gioco dell’imparare a “fare architettura”.