Dall’Astrattismo magico fase seconda: agli “Alberi, Menhir, Carte, Codici e Manoscritti”

Arte

Via 29 maggio , Foyer Auditorium "Rita Levi Montalcini" Mirandola, Mirandola, MO, 41037, Italia
19/11/2017 - 17/12/2017

Dal 19 novembre al 17 dicembre 2017 nel foyer dell’auditorium del Polo Scolastico “Rita Levi Montalcini” Via 29 Maggio n. 4 di Mirandola, si terrà la personale di Domenico Difilippo, che presenterà opere dal 2000 fino alle più recenti: dalle grandi carte di Astrattismo magico fase seconda, ai Codici e Manoscritti, che negli anni Duemila la ricerca dell’Artista emiliano testimoniano le ormai celeberrime installazioni; che attestano la sua fantasiosa creatività scenografica, realizzate spesso in luoghi o spazi storici bellissimi come la prima a: Palazzo Ducale di Revere e la seconda alla Rocca Possente di Stellata 2003 con “L’isola d’Arcadia e altre storie…”; Palazzo Pepoli a Trecenta nel 2007 con “L’oro dei Pepoli”; poi al Castello dei Pico a Mirandola nel 2009; Palazzo Ricci e Torrioni Babini e Farini di Russi 2012; sino a quella più imponente e maestosa realizzata a Villa Badoer del Palladio a Fratta Polesine, sempre nel 2012; ed ultima in senso cronologico “Presenze” alla Rocca Estense di Finale Emilia nell’inverno 2013, realizzata purtroppo nel corpo del monumento mutilato dopo il sisma del 2012; quest’ultima operazione installativa è stata voluta fortemente dall’autore e dalle Istituzioni per sensibilizzare il senso di appartenenza di una comunità che si identifica col il suo passato e la sua storia che hanno espresso valori irrinunciabili come il “Castello delle Rocche e la Torre dei Modenesi”.

Difilippo come un torrente montano impetuoso

Capita talvolta, presi da un misterioso ed imprevedibile impulso, di rassembrare gli esseri umani a delle entità naturali siano esse animali o geofisiche… E' allora che Difilippo mi si configura come un torrente montano dalle chiare e pure acque che vorticano verso il piano. Così è la forza creativa di Domenico mai fermo e compiaciuto della tappa raggiunta ma continuamente attore della sua fantasia elaborativa che vede nelle cose ciò che agli altri sfugge.
Nascono così, dopo il periodo della sua bella pittura, giocata su una surrealtà dalle miriadi di tratteggi che ne fanno un morbido vello dai colori opalescenti, le sue pitto-sculture dove pittura e scultura si eccitano reciprocamente in modo sapiente. Ed ecco, configurarsi dal vuoto, i menhir, gli alberi, i pali dorati, le spagliate damigiane verde-brunite, i codici e le multiformi icone isolate o contestualizzate in "oblunghe ferite" sulle quali Freud disserterebbe volentieri.

Gilberto Cavicchioli