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Arte
via Calatafimi 9/A , milano, milano, 20122, Italia
23/09/2019
Un mondo pittorico singolare e potente quello di Erika Capobianco, sempre in bilico tra dramma e tenerezza, che attanaglia il fruitore con la violenza del colore e con la distorsione espressionistica della linea. Autodidatta ma sospinta da un impellente bisogno emotivo, nelle tele Erika racconta il mondo esterno mentre narra di sé, dei suoi piccoli e grandi turbamenti, della fragilità delle cose umane, della crudeltà dell’esistenza. La sua pittura non è ascrivibile a movimenti o correnti artistiche se non per affinità casuali, né tanto meno richiama una tendenza naïve : l’ arte di Erika sconvolge per le struggenti e tragiche maschere che ricordano Ensor, per i volti allucinati, stanchi, afflitti, per i grandi occhi spalancati su abissi di dolore o che implorano attoniti risposte alla ricerca disperata del senso ultimo della vita. Il suo linguaggio, figurativo e surreale assieme, è aspro e pungente; una volontà di dissoluzione della forma mina alla base l’armonia classica e ogni tipologia di bellezza tradizionale a favore di un’”art brut”, ovvero un’arte grezza e genuina che, pur con originalità, può rammentare lo stile del fondatore di questa tendenza artistica : Jean Dubuffet. La disamina spietata della figura e la traduzione parossistica delle emozioni contribuiscono a delineare un mondo visionario, fatto di figure irriverenti e provocatorie, inquietudine, tormento, ansia esistenziale, senso di rivolta sprigionano dai volti statici e grotteschi. Colpisce nei suoi ritratti la capacità di conservare una verosimiglianza del modello, malgrado la decomposizione attuata sulla forma : si guardino, ad esempio, la potenza espressiva del volto di Warhol o le poetiche immagini dedicate ad Alda Merini per comprendere quanto la pittrice sia in grado di svelare l’animo del personaggio senza ricorrere alla mimesi!