INCIPIT

Arte

Via Stradella 7–1–4, Milano , MI , 20129 , Italia
25/09/2025 - 23/12/2025

Nel trentesimo anno dalla fondazione della galleria, e dopo 28 anni di collaborazione, Raffaella Cortese presenta un nuova personale di Marcello Maloberti. Concepita per i tre spazi espositivi di via Stradella e quello di Albisola, la mostra si apre come soglia di una nuova fase nella ricerca dell’artista: un momento di spoliazione e ritorno all’essenziale, che segue la sua più completa retrospettiva al Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano del 2024.

INCIPIT, in via Stradella, invita a confrontarsi con un’esperienza di vuoto. Rifiuta una narrazione lineare, prediligendo una logica di dispersione ed eliminazione. Di fronte all’imperversare dell’arte che tende a veicolare messaggi diretti, Maloberti compie un gesto opposto: introduce un silenzio che si fa spazio d’ascolto, eco e risonanza.

Come ad Albisola con La conversione di San Paolo, anche qui il lavoro ruota attorno ai concetti di caduta e inizio, alla luce divina come trauma e rivelazione. Il riferimento a Caravaggio non si traduce in una citazione iconografica, ma agisce a livello strutturale: la scena si svuota, lasciando che il sacro emerga come tensione operativa.

A Milano, in ciascuno dei tre ambienti, una sola targa in ottone che riprende le forme barocche delle stazioni della Via Crucis è incisa con una frase inedita della serie Martellate. La frase, identica in ogni sede, non si moltiplica: insiste. L’opera resta la stessa, a mutare è lo sguardo, a traghettare il visitatore-perfomer lungo le stazioni di una Via Crucis non progressiva, e senza approdo.

INCIPIT offre una condizione da abitare: il vuoto come posizione critica, la ripetizione come forma di resistenza, la rarefazione come intensificazione dell’esperienza. Maloberti non propone immagini da interpretare né messaggi da assimilare, ma accende le luci sulla mancanza e sul vuoto con un lavoro che si colloca tra il peso delle cose e la possibilità della loro sparizione.

In questo senso, INCIPIT non si lascia semplicemente comprendere, ma si deve attraversare — come un strada o un carruggio ligure. È una dichiarazione poetica che si fa anche urgenza: oggi più che mai, esporre significa aprire, non spiegare. Non è, questa, una mostra che insegna, ma che interroga — come un oracolo esausto, o un mantra che vuole incidere la superficie stessa della città attraverso il suo pubblico, che ne diventa conduttore.