Generazione A

Arte

Via Lago Grande, 43/B, Ganzirri, Messina, ME, 98165, Italia
15/04/2023 - 29/04/2023

Generazione A

Ilaria Rosselli Del Turco – Chiara Smedile

Generazione A è la mostra meno fortemente curatoriale proposta in questi due anni dalla Foro G Gallery in quanto frutto di una Open Call (Segnalibro d’Artista) le cui due vincitrici, mai conosciutesi e appartenenti a differenti generazioni, hanno personalità molto diverse con altrettanto differenti approcci e linguaggi. Due artiste le cui produzioni sono intrecciate in sottili trame, tra oggetti di uso comune e fotografie d’archivio; due viaggiatrici cui se ne accompagna una terza che le tiene per mano, una bellissima titanide, un archetipo potente: Mnemosine.
Perciò trovare il filo conduttore per chi scrive, a posteriori, non è stato troppo complesso individuando, credo a ragione, l’elemento comune alla ricerca di entrambe, appunto, nella memoria intesa come guscio accogliente che preserva i valori fondamentali della vita individuale e collettiva, una funzione che si assolve con tutto l’essere. Ricordare è ri-chiamare, un esercizio attivo che si esplica con tutta la propria essenza. Per la concezione greca la memoria è un dono talmente prezioso da essere stato divinizzato: la personificazione della memoria con una divinità riconosce la funzione fondamentale del ricordare per la preservazione della storia dell’umanità. Possiamo raggruppare i lavori delle due artiste in questa macroarea ma, volendoli intelligere, potremmo individuare il leitmotiv di Ilaria Rosselli del Turco nel ricordo, nella memoria quello di Chiara Smedile.
Due parole per certi versi molto simili che si riferiscono però, a partire dall’etimologia, a due parti distinte del corpo: la mente e il cuore che si trascinano dietro rappresentazioni e immaginari differenti. Il ricordo si connette al cuore, antica sede del pensiero, ma anche di affetti e passioni; ricordare è infatti tornare al cuore, unire sentimento a pensiero, rivivere emozioni. Il ricordo è anche, e forse soprattutto, un oggetto, un segno che trasferisce affetto, confidenza, calore. Il francese souvenir indica che l’azione del ricordo-oggetto è quello di sopravvenire, di mantenere qualcosa. Così per Ilaria (originaria di Genova ma trapiantata a Londra da 24 anni) una tazzina o un paio di occhiali, la lattina del tonno o i fusilli crudi sparuti e debordanti dal piatto, e ancora un’idroponica coltivata con amore o l’umile cavatappi diventano oggetti che fanno casa, nido, ricetto bagnato di brume, lacrime, risate, avvolti in quel suo bozzolo allotopo e allofono. La mezzatinta utilizzata è una tecnica incisoria antica e certosina il cui tempo lento necessario alla preparazione e alla rivelazione dell'immagine ricorda quasi una forma di meditazione che permette di accarezzare il ricordo, di viverci dentro dandogli forma e che permette all’artista di esplorare lentamente gli elementi tonali e compositivi. La lastra di rame viene graffiata in tutte le direzioni con un pettine metallico che la rende ruvida e a quel punto, raschiando via le barbe rialzate dall’uso del pettine, si crea il disegno che si inchiostra per poi essere stampato.
La memoria, invece, è una prerogativa del cervello, una funzione della mente e insieme una rappresentazione, tant’è vero che ‘memoria’ è un documento giuridico che riassume i dati di un procedimento; può implicare l’atto del menzionare qualcosa oppure quello di rammentarsi. Vale a dire la tavoletta di cera su cui scrivendo si imprimono i dati memoriali per metterli in luce oppure l’idea dell’archivio che li racchiude e conserva, che li tiene a mente. Di norma il ricordarsi, il prelevare nel repertorio mentale, precede il menzionare, il trovare parole, l’esprimere i dati memoriali. La memoria esiste sotto due dimensioni: quella individuale e quella collettiva, funge da archivio ma ha sempre bisogno di un soggetto che si costituisca come suo portatore, l’amanuense, il poeta, il fotografo. Ed è proprio nell’archivio, nella memoria ritrovata attraverso fotografie ricreate in cianotipia, saldate e interconnesse fra loro dalla trama di fili di cotone, che si esplicita la delicatissima poetica della comasca Chiara Smedile che racconta la memoria collettiva di una comunità (quella messinese) attraverso l’atto catartico della ricucitura sia personale (il padre è di Santo Stefano Medio, casale messinese del versante peloritano) con le proprie origini, sia collettivo e pubblico in cui le macerie dei bombardamenti anglo americani del 1943 vengono riconnesse e ricreate mediante il filo. Quasi un’ossessione quella di Chiara per la memoria che la giovanissima artista evoca e restituisce al presente ricamando inedite costellazioni con ago e filo: linee rette, sinapsi concettuali e riverberi di connessioni tra muti frammenti di intonaci e pietre. Storie da dipanare e riaggomitolare con cura.

Mariateresa Zagone