LE SFACCIATE
Arte
Museo d'Arte e Scienza Mas Via Quintino Sella 4 (Vicino al Castello Sforzesco), Milano, MI, 20121, Italia
12/06/2025 - 27/06/2025
LEGIONE D’AMORE E DI STRIDORE
Manuela Gandini
Party, happening, vernissage e long-drink: sono le mille luci di New York che riverberano nell’immaginario. Puoi trovare Yoko e John a una festa seduti su un divano mentre gli occhi degli altri invitati lambiscono lenti il loro profilo. Sono come le “Arion Vulgaris”, le lumache rosse dopo la pioggia che, al loro passaggio, fanno brillare l’asfalto. I parties, a downtown, si moltiplicano, esplodono e si animano con le migliaia di gambe e gambette nervose che appartengono a un unico corpo sociale. Rossetti, sorrisi, dollari, scenate alla Woody Allen e poi incontri: ecco Tom Wolfe e Truman Capote, spietati e caustici, che osservano vizi e virtù della società più cool del mondo. Ma, poco dopo, in piccoli appartamenti oscuri e nei gabinetti dei locali del Village, la generazione tossica e malata, fotografata da Nan Goldin, si trascina lungo la propria allucinazione. In una notte puoi attraversare il mondo: dal paradiso e all’inferno senza ritorno. E Kate Millet lo racconta con una vitalità contagiosa e irrefrenabile che viene dritta dritta dagli anni Settanta. Nicoletta Veronesi ha vissuto l’età dell’oro di Manhattan, si è mimetizzata con la fauna e la flora internazionale, artistica, intellettuale, mitica e freak. Ha innervato le sue opere con l’aria di New York e la sua verticalità. Una mimesi fotografica, pittorica, camaleontica. Per anni ha portato la mistica e l’estasi della Grande Mela nelle tele e nei collage, ha introiettato personaggi reali e star, eccellenza e ordinarietà, America e Mondo, in una sorta di diario visivo e visionario. E’ stato come accumulare memoria, emozioni, incontri, impressioni nel centro del suo essere. Non bastava vivere gli eventi, occorreva rimodellare il flusso del tempo.
Carla Lonzi, negli anni sessanta, decide di abbandonare la critica per eliminare la distanza tra sé e gli artisti rinunciando al potere conferitole dal ruolo. Perciò organizza e registra conversazioni con le stelle nascenti (allora) che si chiamano Kounellis, Accardi, Pascali, Fabro, Nigro, Consagra. Quest’ultimo però più un amore che un amico.
L’insieme dei loro discorsi liberi, editati e ricomposti da Lonzi nel famoso libro “Autoritratto” (1969), sono la prova del fatto che l’unico possibile autoritratto è attraverso gli altri e non semplicemente nel tratteggiare i propri pensieri o il proprio volto. La pratica di Veronesi consiste nel fondersi con l’ambiente, la collettività, le persone, le strade, i vestiti, gli articoli, le pubblicità, i sussurri, gli occhi dei passanti. E così l’artista mescola il suo vissuto con il corpo colorato delle moltitudini, degli idiomi, delle culture, cogliendole nel momento storico in cui New York è l’Aleph di Borges.
Con “Le Sfacciate” (2025) Veronesi compie un’operazione concettuale ed ecologica più ardita, costruendo “un catalogo” di tipologie femminili: una tribù, una grande sorellanza, un prisma.
Leporello, il servo del Don Giovanni di Mozart, facendo vanto delle conquiste del suo padrone, canta:
Madamina il catalogo è questo delle belle che amò il padron mio. Un catalogo egli è che ho fatt’io; osservate, leggete con me, osservate e leggete con me…
Ma le sfacciate non sono la preda sognata dal maschile, l’harem, gli oggetti passivi, nudi e sottomessi dalla storia e dalla storia dell’arte. Non sono muse, pin up e modelle, sono stati d’animo, ritratti dell’anima, personalità ritrovate. Una delle istanze centrali della seconda ondata del femminismo è stata la ricerca dell’identità. Artiste come Ana Mendieta, Hannah Wilke, Cindy Sherman, Birgit Jürgenssen hanno usato anzitempo l’autoscatto, si sono travestite, hanno saccheggiato altri ruoli, si sono trasformate in maschio, in femme fatale, in disperate, in divinità, in streghe, in vittime, in madri…insomma hanno sondato ogni possibilità per essere “molte in una sola persona”, scardinare le mansioni coercitive e sviluppare tutto il loro potenziale compresso e nascosto in millenni di patriarcato.
Sono una persona o una costola?
(Ehi, ma vi rendete conto?)
“Oh Adamo mio… Addio!”.
Nel lavoro delle artiste femministe c’è un aspetto giocoso, ironico, baldanzoso anche se spesso tragico. Le donne, allora come oggi, hanno avuto bisogno di indagarsi e conoscersi perché, da tempo immemore, hanno accettato l’immagine che il patriarcato conferiva loro. Ciononostante l’impronta della fantasia maschilista si imprime ancora e prepotentemente su di loro (sic!). Dal recente passato si è aperto un orizzonte sconfinato di natura fisica, concettuale e spirituale. Come scrive Serena Nozzoli in “Donne si diventa” (Vangelista, 1973): “Ciò che le donne cercano è di essere protagoniste, sì, ma non del solito vecchio dramma”.
La lontananza dal potere ha conferito loro un diverso rapporto con la natura e con la realtà, permettendo che accumulassero un’esperienza inaudita, ciascuna con la propria azione personale, quotidiana, internamente rivoluzionaria.
Ma come nascono le sfacciate? Con un restyling verbo-visivo, con il collage, con il ritrovamento del corpo prismatico dell’artista. Sono volti ricavati da opere precedenti che hanno perso la faccia primigenia. Quella “faccia” è stata tagliuzzata, spezzettata, ricomposta e rimessa a posto con nuove connotazioni. Le sfacciate sono sia astratte sia figurative, i volti inglobano la città, il Central Park, le strade, il traffico, le parole stampate, le Twin Towers, Drella e ci sono persino Marilyn e una sciamana, che apre la Via, con il suo potere arcaico profondo radicato nella terra.
I volti hanno la pelle intelligibile ma impenetrabile. Non potete catalogarle. Le espressioni e i colori indicano alternativamente angoscia, paura, staticità, riso, seduzione, perdita, mistero. Ogni donna è tutte le altre, e tutte le donne compongono l’autoritratto di Nicoletta. Un quotidiano sforbiciato alla maniera dada diventa una chioma bionda, un volto che ride moltiplicato come in uno specchio è la pelle di una di loro, i fiori che sbocciano come in una carta da parati decorano capelli, vestiti e colletti. Niente è stato buttato, tutto è stato riciclato nel nuovo tempo. Il tal modo, Veronesi ha creato un cortocircuito, irriverente e gioioso, in armonia con le leggi di natura. Gli stati d’animo sono “stati generali” che affiorano in ciascuno di noi. Siamo dunque un esperimento vivente nella foresta delle personalità? “Le Sfacciate” hanno dipendenza reciproca, sono tutte la stessa carne e manifestano il concetto dell’Uno Cosmico: nessuna separazione nel mondo fisico. Con vigore e decisione camminano nella loro nuova pelle, tra risate, ricordi, malinconie e intemperanze. E fluttuano nello sgomento di questo nostro strano tempo, lontano da quelle mille luci di New York dalle quali si avverte però provenire una musica, una foto, un’istanza di irreprimibile ribellione.