Selim, “Mediterranea”

Arte

Spazio-Laboratorio d'Arte Salita San Francesco, Salita San Francesco 7, Genova, Genova, 16124, Italia
18/11/2019 - 08/03/2020

S’INAUGURA il 22 novembre, alle 17.30, presso lo Spazio-Laboratorio d'Arte Salita San Francesco (Genova) la mostra di Selim, Mediterranea.
Selim Abdullah, nativo di Bagdad (1950), con studio a Genova, dopo la grande retrospettiva del 2011 alla Commenda di Prè e dopo quella del 2013 al Museo Archeologico del Finale (Finalborgo), torna ad esporre a Genova, nello Spazio-Labortorio d'Arte Salita San Francesco. Spazio che ha sede nel secentesco Oratorio dell'Immacolata Concezione, la cui storia millenaria risale sino al Medioevo.
L’esposizione, intitolata Mediterranea, si svolge in collaborazione con il Kunstmuseum di Appenzell (CH) e presenta una cinquantina di opere create fra il 2010 e il 2019: sculture in bronzo e in terracotta, dipinti e disegni. Lavori che costituiscono un nucleo della sua recente ricerca artistica, tesa a dar vita a un’evocazione non solamente ideale - ma anche attiva della memoria - di alcuni cammini della storia, che dalla Mesopotamia attraversano il Mar Rosso per approdare al Mediterraneo: da Ur ai Fenici, ai Greci. Le diverse materie impiegate dall’artista (bronzo, argilla e pittura) convivono insieme intessendo una narrazione di minimi gesti, un epos domestico che pur si raccorda e s’associa, nel ricordo, ai percorsi della grande epica delle genti antiche, e anche moderne. Egli giunge a stabilire, per tal via, un intimo dialogo di reciproca corrispondenza fra le sue opere d’arte contemporanee e le testimonianze di un antico passato.
La mostra, oltre ad essere ampiamente documentata da un ricco Catalogo edito da Silvana Editoriale, è illustrata da un saggio di Roland Scotti, conservatore del Museo di Appenzell, che in ispecie così delinea l’arte di Selim: «Selim Adullah visualizza l’esperienza della sofferenza – sia che si tratti di dolore fisico, sia che si tratti di tragico sradicamento e fuga, sia che si tratti della crudeltà delle guerre. Al tempo stesso conserva la tensione esistenziale nella bellezza (quindi nella luce) del disegno, nella materialità e nella forma delle sue opere. La sua arte si bilancia sul crinale che sta tra l’inquietante e il glorioso - come se egli nell’atto artistico, nel processo di lavoro, per tutti noi, ma soprattutto per le vittime della storia, potesse dar forma al momento in cui il destino è superato, o avrebbe potuto esser vinto. E sia pur solo per questo che, seduti insieme, come in un rituale arcaico, si tace e si aspetta: Attesa (2008) - un’attività che può essere più eroica di qualsiasi conquista, di qualsiasi impresa ardita generatrice di ripetuti disastri».