Sergio Spataro in La Sezione Aurea del Caos

Arte

Piazza Marconi , 7, Aversa , Caserta , 81031, Italia
04/06/2021 - 15/06/2021

Fino al 15 giugno 2021 presso la Galleria Spazio Vitale ad Aversa- Caserta si potrà ammirare la mostra di Sergio Spataro in "La Sezione Aurea del Caos". La mostra sarà presentata da Eduardo Alamaro e da Luigi Fusco. Ho incontrato tantissime volte nel suo studio Sergio Spataro e li si percepisce l’energia, la ricerca e la sperimentazione che descrive ha pieno la sua personalità di artista. E per questo che nelle opere di Sergio Spataro vi è una sottile relazione tra segno e materia che costituisce una costante poetica che ha un’eco immediato. Affiora una struttura silenziosa e lirica che crea un felice equilibrio: una sorta di dinamica interna che arricchisce lo sguardo di attese emotive, di ulteriori possibilità . La sua tecnica che egli conferisce alle sue opere, sembrano che trasudano luce ed ombra. In effetti, anche il suo informale, resta imbrigliato nelle percezioni dell’artista raccolte nella sua vita di tutti i giorni. I suoi soggetti fanno parte interamente della sua esistenza, ma nello stesso tempo perdono, attraverso la pittura, quella referenzialità che li vincolerebbe all’esistenza, all’occasionalità. Si può esattamente dire che i suoi sono ‘soggetti’, e non ‘motivi’. Si tratta in altri termini di spunti per far rivelare la pittura che si nasconde dentro le cose, lungo le strade, negli orizzonti ampi dei campi. Infine si può dire che l’opera di Sergio Spataro nasce dal ‘Caos’ ancestrale che vive in ognuno di noi. Come dice Luigi Fusco : “Il termine caos è un sostantivo maschile e per i filosofi antichi rappresentava il disordine primordiale che aveva preceduto il cosmo. In senso figurativo, la stessa parola sta, invece, a dimostrare il disordine, se non anche la confusione o il disorientamento tumultuoso. In senso stretto, per caos, sin dalle epoche più remote, si intende qualcosa di estremamente negativo e che non presenta alcuna possibilità di ritorno all’ordine o di una sospirata armonia. In ambito artistico, poi, il caos come concetto ha cominciato ad aver fortuna iconografica a partire dall’età rinascimentale, quando l’artista ha iniziato ad avere consapevolezza della propria natura intellettuale e della sua dimensione creativa. Per comprendere appieno questo singolare e non trascurabile aspetto, la cui sostanza va oltre il dato esecutivo dell’opera, si rimanda, in maniera quasi esclusiva, alla lettura di Under Born Saturn di Rudolph & Margareth Wittkower. Nonostante questo testo sia incentrato sulla ricostruzione filologica dei vizi e delle virtù degli artisti dell’età moderna, per le istanze filosofiche che prende in considerazione in merito al concetto di Melancolia, ben manifesto nell’omonima raffigurazione di Dürer, si può tranquillamente affermare che i suoi contenuti possono esser trasferiti in maniera testuale nella trattazione di un qualsiasi artista contemporaneo. Il caos, però,cerca l’ordine o viceversa e pertanto è, spesso, impensabile ritenere che le due cose possano proseguire in senso opposto. Far rientrare la confusione, mentale o creativa, in qualcosa che riesca ad esser compreso all’interno di un’armonia universale, è l’obiettivo che, da sempre, provano a raggiungere tutti gli artisti. Nell’ambito delle arti figurative e della matematica, tale speculazione è stata, sin dall’antichità, individuata attraverso lo sviluppo della sezione aurea, nota anche come rapporto aureo o numero aureo, ma anche come costante di Fidia o proporzione divina. Nella sostanza, indica il numero irrazionale 1,6180339887, ottenuto effettuando il rapporto fra due lunghezze disuguali. La struttura di un soggetto visivo per avvicinarsi il più possibile alla bellezza universale deve appoggiarsi all’aritmetica e alla geometria, senza tralasciare tutti gli aspetti filosofici e teologici che magari possono supportare tale equilibrio che, oltretutto, insiste pure tra pieni e vuoti, tra luci e ombre e tra materia e segno. Nei fatti, questa dicotomica dialettica tra numeri e forme ha avuto ragione d’essere, seppur con pesi e misure in netta prevalenza per il dato matematico, per tutta l’arte figurativa dei secoli passati, mentre dal punto di vista informale, secondo un’accezione squisitamente contemporanea, si può ragionevolmente evidenziare che c’è stata un’inversione di rapporti, in cui a dominare sono le forme nei confronti dell’elemento matematico. Tra gli esempi più significativi che possono essere ricondotti a tale tendenza c’è buona parte della produzione di Sergio Spataro. I colori e le forme presenti nei suoi lavori emergono da una trattazionecompositiva di natura asimmetrica, a sua volta inserita in uno specifico supporto le cui dimensioni non sono sempre regolari. Operando nel seguente modo, Spataro ha condotto, negli anni, la propria singolare ricerca, partendo da una disarmonia strutturale che,essenzialmente, è anche matematica. Così facendo, dal disordine primitivo, il nostro artistaè riuscito a mettere un ordine che risponde pienamente a quelle che sono le sue visioni, ma, soprattutto, a quelle che sono le sue precipue volontà creative. Apparentemente, nelle sue realizzazioni sembra prevalere una certa illogicità di tipo informale, che, a tratti, pur rispondendo a sincere provocazioni volute da Sergio stesso, provano ad occupare spazi generati dalcaosprimigenio. Anche in questa circostanza, ciò che ne viene fuori, in termini di esecuzione tecnica ed iconografica, è la risposta sovversiva alla consolidata definizione di sezione aurea. Pertanto, l’operato di Sergio Spataro non è di facile lettura, anzi la felice irriverenza dei suoi lavoriconsentonoai “malevoli” di esprimere interpretazioni, senza però rendersi conto che tutta la vita artistica del nostro autore presenta una lettura critica molto articolata e altresì profonda nella comprensione dei temi e dei simboli che essa stessa rappresenta. Sergio Spataro, nelle sue opere è molto di più rispettoa ciò che è nella realtà. Alchemico,panteistico, dionisiaco, emotivo, ironico, sprezzanteverso se stesso e dissacrantenei confrontidell’arte e della cultura in generale, ma proprio perché è tutto questo, Sergio è un grande artista, già storicizzato, il cui genio si confonde spesso con quella dimensione malinconica così ben rappresentata da Dürer nel Cinquecento”. Oppure come dice Eduardo Alamaro: “L’avevo perso di vista, era riuscito a sfuggire da due decenni alla mia penna. Ma venerdì ci siamo ritrovati e zac!, l’ho infilzato. Tutto per merito del “chi l’ha visto?” di face book … che pratico da un anno esatto: devo festeggiare, mi ha rimesso in contatto con molti amici “dispersi” …, oltre ad avermi fatto compagnia nel pan demos della pandemia, … sperando che la vaccinazione di massa del generale Figliuolo attivi velocemente l’auspicato “effetto gregge” in modo da non consegnarci anticipatamente all’eternità del Padre e dello Spirito santo. Nel frattempo, in questi venti anni, Sergio Spataro pittore, ha fatto una scelta radicale: dal famelico caos di SpaccaNapoli, dall’infuocato centrillo storico di Santa Chiara, luoghi simbolo della Napoli antica, dove aveva studio e dove l’avevo lasciato, si è trasferito, armi e bagagli, tele, cornici & pennelli, verso la Domiziana, verso il Varcaturo, Licola, … collocandosi così in una situazione del tutto diversa, direi opposta, … forse l’ha fatto apposta, … tutto molto tran – tran-quilla, ma che per Lui oggi così squilla, che l’aiuta nella concentrazione sulla pittura, croce e delizia della sua vita d’artista che, dice ironico e sagace …. non aspira all’eternità, non si sente il figliuolo d’arte del Padre Eterno sceso (a suo rischio e pericolo) sulla Terra. No. “Quello spazio ristretto dell’arte eterna”, continua, “è già troppo affollato da tanti angosciati amici (mi dice anche qualche nome nostrano che o-metto)”. Spataro si sente invece temporaneo, con-temporaneo a go-go … variabile e multiplo a profusione e a produzione … Dice della sua urgenza di trasformazione del suo pensiero multiplo di “pittore postumo” in materia viva del luogo pul-sante… per cui (napulitana-mente & raffinata-mente) “addàfà, addamanià, addapittà, addasbarià, addapazzià, …” e perciò cantà cu Pino Daniele: “io so’ pazzo e nun me cacate ‘o casso. …” Conclude giocoso sul punto: “Mi fermo sulla soglia di quello spazio ristretto versus l’Eternità, nun ce voglio trasì, c’è già la fila, con biglietti falsi d’ingresso e i bagarini”. Grida: “è già troppo affollato ‘o cesso ‘ell’artevosta, e … .. e so’ sicuro ca ‘e posteri tireranno ‘a catena, splash!”